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Giorgio Porrà racconta la storia di Andrea Fortunato, difensore della Juventus nella stagione 1993/94, destinato a diventare uno dei più forti terzini della storia del calcio italiano, ma che invece una leucemia fulminante ha strappato alla vita troppo presto, a soli 23 anni, il 25 aprile del 1995, prima che il suo brillante futuro potesse realizzarsi. Andrea Fortunato aveva ambizione e talento sconfinati, qualità tecniche e tattiche che lo rendevano un prototipo del difensore moderno, grazie a quella sua naturale inclinazione a lanciarsi anche in fase offensiva. La sua carriera è stata breve ma sgargiante e ha lasciato a tutti quelli che lo hanno conosciuto, compagni di squadra e allenatori, il rammarico di non averlo visto esprimersi in tutto il suo potenziale. Partito dalle giovanili del Como, con cui debutta a 18 anni in Serie B, approda in Serie A con la maglia del Genoa, per essere poi notato e richiesto da Giovanni Trapattoni alla Juventus, dove arriva nell’estate del 1993, destinato per tutti a diventare l’erede di Antonio Cabrini. Andrea Fortunato era forte fisicamente e caratterialmente, aveva energia da vendere, in campo e fuori, coraggio e determinazione. Eppure, la malattia se l’è portato via in pochissimo tempo. Nonostante questo, il ricordo che ha lasciato in chi lo ha conosciuto e amato, è più vivo che mai. “La sua esperienza mi ha cambiato la vita, il mio modo di pensare – dice Fabrizio Ravanelli suo compagno di squadra e amico fraterno - oggi sono molto più attaccato ai sentimenti, ai valori umani, all'educazione, al rispetto, sono molto più attaccato alla famiglia, perché immagino il vuoto che ha lasciato Andrea nella sua famiglia”.
En italien, « fortunato » signifie « chanceux » . Pourtant, le destin d’Andrea Fortunato, lui, n’a rien de chanceux. Bien au contraire. La vie de cet ancien défenseur latéral de la Juventus s’est arrêté le 25 avril 1995, il y a tout juste 22 ans. Une histoire tragique pour un joueur dont la carrière était jusqu’ici parfaite, entre ascension fulgurante et rêves de grandeur. Un mal incurable, et pourtant tous, y compris les médecins, ont cru qu’Andrea, véritable battant, allait s’en sortir. À tel point que, quelques jours avant sa mort, ses meilleurs compagnons, Vialli, Ravanelli et Baggio, l’avaient appelé en lui donnant rendez-vous à l’entraînement.



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